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AREE DI INTERVENTO

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Non riesco a smettere di pensare, i pensieri non se ne vanno via. Ho l'ansia.

La buona notizia è che siamo sempre noi a controllare i nostri pensieri e anche se a volte ci pare impossibile, non sono mai loro a controllare noi!  L'ansia è una normale risposta funzionale che il nostro organismo ci invia di fronte a un pericolo; tuttavia può diventare un problema quando si manifesta in modo eccessivo rispetto alla situazione che ci troviamo a fronteggiare, quando dura troppo a lungo o quando ci porta ad avere la sensazione che fare qualsiasi cosa, anche anche la più semplice, ci costi uno sforzo enorme.

Generalmente ognuno la esterna a modo proprio, tuttavia le principali caratteristiche sono:

  • Preoccupazioni costanti e rimuginio (farò una brutta figura, non sarò all’altezza, mi sentirò male etc.).

  • Emozioni spiacevoli (paura, timore, preoccupazione).

  • Sensazioni fisiche fastidiose  (tremore, respiro affannato, battito cardiaco accelerato, sudorazione, sensazioni di svenimento, sensazione di soffocamento etc.).

  • Comportamenti compensatori (alterazione dell'appetito, evitamento di certe situazioni, bisogno di avere la situazione sotto controllo, ricerca di rassicurazioni etc.).

  • Attenzione selettiva a pensieri negativi e o a eventi minacciosi.

I disturbi d’ansia più diffusi sono:

 

L'obiettivo della Terapia Cognitivo Comportamentale è quello di ridurre e eliminare i timori che generano l'ansia e i comportamenti di controllo ed evitamento che spesso la alimentano e la mantengono. Per raggiungere tale obiettivo, la Terapia Cognitivo Comportamentale utilizza innanzitutto interventi psicoeducativi e tecniche di esposizione, attraverso le quali si stabiliscono con il paziente graduali step per affrontare l’evento o la situazione temuta. Successivamente si riducono i comportamenti di controllo, i quali a volte sono talmente abituali da risultare automatici e si procede a una vera e propria ristrutturazione cognitiva, in cui si identificano e discutono i pensieri che mantengono la sintomatologia ansiosa.

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Non ho più voglia di fare niente

Alcune persone nel corso della vita possono provare una forte perdita di interesse nelle attività che normalmente danno piacere e svariate difficoltà nello svolgimento anche delle più semplici azioni quotidiane. Se questo calo di umore e attivazione è limitato nel tempo, è probabile che corrisponda ad uno stato depressivo transitorio, tuttavia bisogna stare attenti a questi sintomi, perché se perdurano nel tempo fino ad avere conseguenze negative sulle relazioni interpersonali o più in generale sull'aspetto sociale o lavorativo, potrebbe trattarsi di depressione.

 

La buona notizia è che la depressione può essere prevenuta e curata. Si tratta di un disturbo dell’umore molto diffuso e i sintomi possono colpire chiunque a qualunque età.

Chi ne soffre si sente giù di morale e/o irritabile e stanco, per la maggior parte del tempo e ha pensieri negativi su di sé, sugli altri e in generale sul mondo. Spesso avverte la vita come dolorosa e priva di senso e se stesso come privo di energie fisiche e mentali; il più delle volte, il depresso conclamato, guardandosi alle spalle, vede la propria vita come un fallimento e un susseguirsi di perdite di cui spesso si sente responsabile in un ambiente circostante ostile e non supportivo.  L’isolamento, cercato e sofferto, sembra essere la soluzione migliore.

Oltre ad una forte autosvalutazione, la depressione ha alcune componenti specifiche che la alimentano:  

  1. L'isolamento: cercato e sofferto, sembra per molti essere la soluzione migliore e indica una vera e propria riduzione del contatto sociale o l’evitamento di compiti e attività. Motivato dall’idea di non essere in grado o di non provare alcun piacere, ha come risultato passività e ulteriore senso di inefficacia.

  2. Ruminazione: è una forma circolare di pensiero persistente, passivo e ripetitivo, spesso rivolto al passato, che si focalizza principalmente sugli stati emotivi interni e sulle loro conseguenze negative. Si può sintetizzare in tutte quelle piccole frasi che ognuno di noi almeno una volta si è detto o chiesto: "Dove ho sbagliato? Perchè proprio io? Avrei potuto fare così; avrei potuto dire così" e molte altre. Tale processo, messo in atto nel tentativo di trovare risposte e soluzioni, a lungo andare, altro non fa che aggravare l’intensità dello stato d’animo negativo e amplificare la percezione di noi stessi come incapaci e inadeguati.

  3. Attenzione selettiva negativa: corrisponde alla tendenza a mantenere l’attenzione costantemente rivolta a ciò che non siamo capaci di fare, a ciò di cui non siamo soddisfatti e a tutto che ci manca per essere felici.

La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale aiuta la persona a riconoscere i circoli viziosi che mantengono e alimentano la malattia e a liberarsene gradualmente attraverso l’acquisizione di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali.

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Le matite non sono allineate bene? Avrò chiuso la porta di casa?

In Italia più di 800.000 persone manifestano a livelli e gradi differenti, pensieri di tipo ossessivo compulsivo. Tali pensieri tuttavia, possono cronicizzarsi e aggravarsi, fino a compromettere il normale funzionamento sociale e/o lavorativo della persona.

Il sintomo centrale è la presenza di sole ossessioni oppure di ossessioni seguite da compulsioni, ovvero azioni mentali e/o comportamenti che si manifestano in risposta alle ossessioni e che ne rappresentano un tentativo di soluzione.

Le caratteristiche centrali del disturbo ossessivo compulsivo sono:

  • la ripetitività di pensieri avvertiti come intrusivi che si presentano alla mente di continuo e permangono in modo duraturo e direttivo.

  • la sensazione che tale attività sia imposta e necessaria.

Il Disturbo Ossessivo – Compulsivo può assumere forme diverse:

  1. Disturbo ossessivo compulsivo di controllo (Checking). Chi ne soffre  ha paura di essere responsabile di eventi terribili o di poter far del male a se stesso o alle altre persone. Si sente dunque obbligata a controllare ripetutamente di aver chiuso porte e finestre, di aver chiuso rubinetti di gas e acqua , di non aver commesso errori nel proprio lavoro, di non aver sbagliato a compiere qualche azione etc. Solitamente dopo un primo controllo, invece di stare meglio, si viene assaliti dal dubbio di non aver controllato bene e si è costretti controllare nuovamente. ​

  2. Disturbo ossessivo compulsivo di lavaggio e pulizia, ovvero terrore di contrarre una malattia o essere contaminati o infettati da germi, batteri, virus o sostanze chimiche pericolose. Può essere presente anche la forte preoccupazione di infettare le altre persone.​

  3. Disturbo ossessivo compulsivo di accumulo/accaparramento. Chi ne soffre, ha ossessioni connotate dalla paura di buttare via gli oggetti, anche se questi sono completamente inutili, dal disagio provocato dagli spazi vuoti nella propria casa – e dal bisogno di riempirli – e dal piacere nel collezionare oggetti, usati e non.​

  4. Disturbo ossessivo senza compulsioni. Chi ne soffre presenta pensieri, il più delle volte accompagnati da immagini o impulsi, relativi a scene di comportamenti indesiderati e inaccettabili per la persona stessa. Queste immagini disturbanti, fastidiose e ripetitive riguardano principalmente l'area della superstizione (dunque associare la fortuna a numeri, oggetti, colori etc.); l'area religiosa e/o morale (paura di avere determinate perversioni, di essere violenti, di non saper rispettare un determinato credo religioso etc.); e infine l'area corporea (paura che alcune parti del corpo cambino aspetto o dimensione, controlli eccessivi sul proprio aspetto etc.).

  5. Disturbo ossessivo compulsivo di ripetizione e conteggio​. Chi ne soffre, solitamente presenta compulsioni di ripetizione e conteggio dirette a numerosi tipi di oggetti, come contare le mattonelle, i semafori rossi, o a svariate azioni come pensare a serie di numeri, calpestare determinate cose in una determinata sequenza numerica etc. 

  6. Disturbo ossessivo compulsivo di ordine e simmetriaQueste persone solitamente hanno pensieri, impulsi o immagini mentali che riguardano il posizionare oggetti o compiere azioni in modo “simmetrico” o comunque predeterminata, in un modo che la persona ritiene perfetto.

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Insonnia

Il sonno è un momento fondamentale della giornata, per il riposo e per il benessere: permette di strutturare in memoria le esperienze fatte durante il periodo di veglia e favorisce tutti i processi di rigenerazione e crescita. Si definisce insonnia la ripetuta difficoltà ad addormentarsi e/o mantenere il sonno, tale che quest'ultimo risulta di durata e qualità insufficiente.

A tutti prima o poi è capitato di avere avuto un'esperienza diretta di una o più notti trascorse insonni, tuttavia i fattori che possono alterare la qualità e la quantità del sonno sono numerosissimi, possono essere di natura individuale, sociale e lavorativa e si combinano tra loro in svariati modi. La ricerca scientifica mostra che circa il 10-15% della popolazione adulta soffre d’insonnia persistente e che in generale, la prevalenza dei disturbi del sonno aumenta con l'aumentare dell'età, interessando circa il 47% della popolazione ultra sessantenne.

Chi soffre di insonnia, oltre alla fatica ad addormentarsi, spesso lamenta anche difficoltà a mantenere il sonno e risvegli precoci al mattino, i quali provocano il più delle volte ripercussioni nell'attività diurna. In aggiunta ai sintomi notturni infatti, nella maggior parte dei casi, un sonno poco ristoratore provoca affaticamento, nervosismo, umore instabile e difficoltà di attenzione e concentrazione.

Quando una persona non riesce a dormire e inizia a temere le conseguenze diurne della mancanza di sonno, si può creare un circolo vizioso che alimenta l’insonnia stessa. Il trattamento per l'insonnia ha come obiettivo primario quello di migliorare la qualità e la quantità del sonno attraverso tecniche cognitivo-comportamentali, psicoeducazione e regole di igiene del sonno.

I candidati ideali per una terapia Cognitivo-Comportamentale dell'insonnia sono persone:

  • in cui l’insonnia non sia un sintomo di altri disturbi psichici (depressione)

  • in cui l’insonnia non sia un sintomo di altri disturbi medici

  • con insonnia cronica (più di 6 mesi)

  • che presentino almeno una delle seguenti caratteristiche:

  1. - sonno compensatorio (es. pisolini)

  2. - stanno a letto da svegli per tempi protratti

  3. - svolgono a letto attività non legate al sonno o al sesso (es. mangiare, guardare un film etc.)

  • aumento condizionato dell’arousal

  • cattiva igiene del sonno

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Anche oggi, lo faccio domani.

Posticipi, prendi tempo, rimandi all'infinito e agisci solo all’ultimo minuto? A volte non agisci affatto? 

Sicuramente è capitato a tutti almeno una volta di non essere puntuali ad un appuntamento, di non consegnare un lavoro in tempo, di rimandare un' interrogazione o un esame nel corso dei nostri studi; tuttavia quando questi comportamenti non sono occasionali ma sono la prassi, allora possiamo definirci dei procrastinatori.

 

Letteralmente il termine procrastinazione deriva dal latino pro - avanti, a favore di e crastinus - domani. Con questo si intende dunque rimandare a domani ciò che in realtà potevo fare oggi e va benissimo nel caso in cui il rimandare sia sporadico e pianificato, spesso però, procrastinare può provocare complicazioni di diversa entità, al soggetto che “male organizza il proprio tempo”.

Le persone rimandano per motivi differenti:

 

  • perché utilizzano la procrastinazione come strategia per gestire lo stress e il disagio indotti da una determinata attività. 

  • perché di fronte a più impegni  hanno difficoltà a stabilire delle priorità e dunque tendono a sopravvalutare il tempo a disposizione o a trascurare il tempo necessario a eseguire una determinata attività.

  • perché hanno scarsa fiducia nelle proprie capacità e tergiversano a lungo prima di svolgere un compito per paura di commettere errori e di fallire. 

  • perché usano la procrastinazione come strategia relazionale per comunicare in modo indiretto qualcosa, per esempio si può tardare intenzionalmente nel tentativo di punire chi ci ha richiesto di svolgere un compito sgradito. 

  • perché non si riesce a dire di no e capita di caricarsi di troppi impegni, più di quanti si riesca a gestire, dunque di fronte all’impossibilità di fare tutto, ci si arrende e capita di non concludere nulla. 

  • perché ci si definisce pigri e poco motivati, quando in realtà, nella maggior parte del tempo perdiamo tempo a rimuginare o a fantasticare su come quel determinato compito dovrebbe essere, o perché aspiriamo alla perfezione.

Attraverso la Terapia Cognitivo Comportamentale si cerca di comprendere quando si procrastina, quali sono le conseguenze di questo comportamento e perché si continua a farlo, indagando alcune convinzioni e credenze su di sé, sul tipo di compito o attività e sugli altri soggetti eventualmente coinvolti.

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Fobie

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Problemi di coppia

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